La Storia

 Il territorio di Tremestieri Etneo, per le sue favorevoli condizioni ambientali, dovute alla fertilità dei terreni ed alla mitezza del clima, è stato sicuramente sede di insediamenti umani sin dai tempi molto remoti. Tuttavia, a causa di numerosi eventi calamitosi succedutesi nel tempo, soprattutto di origine vulcanica, poche sono le testimonianze che restano per provare tale evenienza e far acquisire elementi che possano dare un’idea della consistenza, importanza e grado di civiltà di quelle antiche popolazioni.
E’ verosimile supporre che nell’antichità il territorio fosse, per la maggior parte, coperto di boschi interrotti, di tanto in tanto, da terreni coltivati e che l’agricoltura, la pastorizia e la caccia fossero le principali occupazioni degli abitanti.
I pochi reperti archeologici ritrovati casualmente nelle contrade Ombra, Pappalardi, Immacolata, Minicucca, Garro e Sorbilli si riferiscono principalmente al periodo ellenistico, romano e bizantino, mentre le prime citazioni documentate del toponimo “Tria Monasteria” risalgono al periodo normanno.
La presenza immanente dell’Etna e l’operosa pertinace volontà di ricostruzione dimostrata dalle popolazioni, sono stati i fattori che più di ogni altro hanno condizionato, se non determinato, in ogni tempo, le vicende storiche ed urbanistiche di Tremestieri così come di tanti altri paesi della zona etnea.
Il paese nel tempo  è stato investito dalle lave dell’Etna e devastato ripetutamente da catastrofici terremoti, riuscendo sempre a rinascere e a proliferare tra le molteplici avversità di varia natura.
Numerosi furono i terremoti  che nel periodo preistorico distrussero l’abitato e  le colate laviche che bruciarono le campagne di Tremestieri e dei quali si è persa la memoria. È certo, in ogni caso,  stando alle carte geologiche, che la lava del 122 A.C. coprì parte del territorio e, secondo quanto riportato dalle cronache del tempo, il terribile terremoto del 1169 atterrò le abitazioni allora esistenti.
Nel 1381 le lave fuoriuscite dai crateri formatisi a nord dell’abitato di Gravina investirono la parte occidentale e meridionale delle campagne di Tremestieri, formando quella profonda fessura di scorrimento lavico denominata “i cafoli”, oggi contrada Cavolo, al confine con Mascalucia.
Sembra che anche l’eruzione del 1408 abbia interessato la zona di Tremestieri, mentre è accertato che le lave del 1444 devastarono le sue contrade al confine con Pedara e San Giovanni La Punta nella zona attualmente denominata “Sciara Puleo”.
Nonostante le frequenti ripetute distruzioni degli edifici e delle campagne –  provocate dai terremoti ed eruzioni alle quali si aggiungevano, spesso, periodi di siccità, alluvioni ed epidemie –  il  casale  –  come allora venivano denominati i piccoli centri abitati alle pendici dell’Etna – acquisì man mano  importanza tanto che, nel 1446, con Bolla Pontificia, la chiesa  “ de Tribus Monasteriis” per l’importanza assunta nel circondario, in quanto accoglieva fedeli di varie contrade circostanti, fu dichiarata parrocchiale.
Nel XVII secolo, Tremestieri contava una popolazione di oltre mille abitanti ed aveva sette chiese: La Matrice, dedicata alla Madonna della Pace, S. Maria delle Grazie di Piano, S. Maria Concezione (Immacolata), S. Antonio Abate (oggi non più esistente), S. Vito, S. Maria dell’Idria e S. Antonio di Padova.
Nel 1641 il “Casale” di Tremestieri si staccò dalla giurisdizione amministrativa della città di Catania essendo stato venduto al ricco genovese Giovanni Andrea Massa.
Risale proprio  a questo periodo la vicenda della aggregazione della frazione Canalicchio a Tremestieri.
Nel 1646, il neo acquirente cedette il feudo acquisito al nobile Pietro De Gregorio Buglio, quest’ultimo insignito l’anno successivo, del titolo di Duca di Tremestieri, titolo che rimase disgiunto dal possesso del territorio rimasto al Massa. Alcuni anni più tardi, a seguito del matrimonio della figlia di Pietro De Gregorio con Francesco Rizzari, il titolo nobiliare fu trasmesso a quest’ultima nobile famiglia catanese.
Il violento terremoto del 1693, che distrusse gran parte della Sicilia Orientale, devastò  anche l’abitato  di Tremestieri, causando numerose vittime tra la popolazione ed ingenti danni alle costruzioni. Delle chiese, seppur danneggiata, subì minori danni quella di S. Antonio di Padova,che nelle more della ricostruzione della Chiesa Madre, per parecchi anni, ne svolse le funzioni, come  testimonia la scritta circolare  ancor oggi ben visibile sul prospetto principale della chiesetta.
Alla catastrofe del terremoto seguì pronta la rinascita e la ricostruzione dell’abitato sulle vecchie rovine. La ricostruzione avvenne sulla traccia dell’antico abitato senza seguire un nuovo, più razionale impianto urbanistico programmato, come invece,  si verificò  in  alcuni  paesi vicini. Nel 1817, per effetto della riforma amministrativa introdotta in Sicilia dalla restaurata monarchia borbonica, il feudo  di Tremestieri si trasformò in Comune. (Mappa età borbonica  tratta da: Tesi di Laurea in Scienze dei Beni Culturali del Dott. Antonino D’Urso).
Nei primi decenni del secolo diciannovesimo la costituita amministrazione comunale, pur tra le immancabili difficoltà, soprattutto di carattere finanziario, riuscì ad intraprendere ed a portare a termine alcune importanti opere pubbliche: la strada di collegamento con S. Agata Li Battiati e Pedara, la strada di congiungimento tra Mascalucia e S. Giovanni La Punta e la strada per Gravina.
Nello stesso periodo fu iniziata la costruzione del Cimitero i cui lavori si protrassero sino a dopo l’Unificazione d’Italia.
Verso il 1933 fu completato l’edificio delle scuole elementari del centro e furono realizzate Via Delle Scuole e la Piazza dell’Impero, oggi Piazza Dante.
Il Palazzo Comunale, il Corso Sicilia e la villetta adiacente, gli edifici delle scuole elementari di Piano e di Immacolata sono stati portati a termine negli anni ’60. Nello stesso periodo sono iniziati i lavori del campo sportivo. Il 20.11.2010, dopo lunghe vicissitudini, è stato inaugurato il nuovo, moderno edificio scolastico in Via Guglielmino assegnato al Circolo Didattico “Teresa di Calcutta”.
Note a cura di Domenico Messina
Foto di Mario Valenti

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